Sottotetto condominiale trasfornato in alloggio

“Un sottotetto condominiale trasformato a tutti gli effetti in alloggio, e locato in quanto tale, è illegale. Difatti l’operato del proprietario risulta contrario alla legge in quanto ha modificato la destinazione d’uso dei locali senza le dovute autorizzazioni”. Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione Penale con la sentenza n.36563 del 30 agosto 2016 in merito alla sanzione per la modifica illegale della destinazione d’uso.

I fatti di causa. La Corte territoriale di Bologna confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Ravenna, con la quale Tizio era stato riconosciuto colpevole della contravvenzione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, comma 1, lettera b), e condannato alla pena di 10 giorni di arresto e 5.600,00 Euro di ammenda; allo stesso era stato contestato di aver effettuato – in assenza di permesso di costruire – la modifica della destinazione d’uso di un locale qualificato come spazio di servizio, trasformandolo in appartamento.

Avverso tale pronuncia, Tizio proponeva ricorso per cassazione.

Il sottotetto condominiale. Il sottotetto si identifica con quell’ambiente posto tra il soffitto dell’ultimo piano e il tetto dell’edificio, essenzialmente destinato a proteggere le stanze di tale piano, dal caldo, dal freddo e dall’umidità, formando una camera d’aria, limitata in alto dalla struttura del tetto e in basso dal solaio o dalle volte che coprono gli ambienti del piano medesimo.

Una delle rilevanti novità apportate dalla legge n. 220/2012 è stato l’espresso inserimento del sottotetto tra i beni di proprietà comune di cui al punto 2 dell’art. 1117 c.c., con la conseguente applicazione, pertanto, delle regole fissate dal codice per le parti comuni dell’edificio e i criteri di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., a condizione che lo stesso sia destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali all’uso di tutti i condomini; diversamente la natura del sottotetto di un edificio è determinata dal titolo.

Per meglio dire, la proprietà esclusiva del sottotetto è da escludere laddove il sottotetto possa essere parzialmente utilizzato come bene comune e comunque in tutti i casi in cui i condomini possono facilmente accedervi oppure ivi sono collocati impianti condominiali, (es. sottotetto assolvente alle funzioni di accesso al tetto e di passaggio dei cavi delle antenne e degli sfiati delle cucine, oppure adibito a ripostiglio, stenditoio, spazio per serbatoi d’acqua da parte di tutti i condomini);

in questi casi, la giurisprudenza ha precisato che l’occupazione da parte di un condomino di una porzione dello stesso, separandolo dalla restante parte con un tramezzo aprendovi un lucernario ed erigendovi un comignolo, era abusiva, dichiarando pertanto l’illegittimità della realizzazione delle opere e la condanna al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni (Cass. civ. 19 dicembre 2012 n. 23448).

Il reato di abuso edilizio. Il primo comma dell’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico in materia di edilizia) prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: b) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5164 euro a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione“.

Tale reato ha natura permanente, ma la relativa consumazione perdura fino alla cessazione della condotta abusiva.

A tale conclusione è giunta la Cassazione a sezioni unite (Cass. Pen. sez. un. 27. 2.2002 in Foro it. 2002, II, 411), ripudiando la concezione bifasica del reato permanente, secondo cui quest’ultimo implicherebbe un duplice obbligo, ovvero in un momento iniziale l’obbligo di non realizzare uno stato antigiuridico (nella specie iniziando la costruzione abusiva); nella seconda fase, l’obbligo di far cessare tale stato, omettendo di porre termine alla situazione antigiuridica (non demolendo il manufatto abusivo).

Premesso ciò, tale abuso si verifica quando si consegue un’opera edilizia, che può essere sia una costruzione su suolo non edificabile, ma senza approvazione, o un ampliamento del volume o della superficie, o qualsiasi modifica alla sagoma di un edificio preesistente in assenza di completa autorizzazione amministrativa.

Quindi, una costruzione abusiva, ossia costruita senza titolo edilizio (permesso a costruire) dà luogo contemporaneamente tanto ad un reato (abuso edilizio) quanto ad un illecito amministrativo.

Il ragionamento della Corte di Cassazione. Nel caso di specie, a seguito del sopralluogo della Polizia Municipale, era stato accertato che l’immobile di Tizio – sottotetto in un condominio – era risultato suddiviso in più ambienti (compreso il bagno), giusta una parete in cartongesso, arredato, munito di radiatori, di prese per corrente, televisive e punti luce, nonché di porta blindata e videocitofono.

Tutti elementi oggettivi, in forza dei quali, la sentenza della Corte territoriale aveva riconosciuto l’avvenuto mutamento della destinazione d’uso e, pertanto, la violazione dell’art. 44, lett. b) contestato.

Quanto agli aspetti soggettivi del reato in esame, la Corte territoriale aveva evidenziato che vi era un interesse da parte di Tizio ad intervenire sull’immobile nei termini suddetti, sì da aumentarne il valore commerciale (confermato, peraltro, dalla ulteriore considerazione per cui il canone locatizio di 250 euro per 40 mq., come specificato nel gravame, sarebbe risultato eccessivo se riferito ad un mero locale di servizio).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto,la Corte di Cassazione Penale con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso di Tizio e per l’effetto ha confermato la pronuncia della Corte territoriale della condanna al reato di abuso edilizio.